Archiginnasio d’oro: l’intervento di Sylvie Goulard

Romano Prodi : emiliano nell’Europa e nel mondo
Intervento di Sylvie Goulard al conferimento dell’Archiginnasio d’Oro della Città di Bologna a Romano Prodi

Bologna, Aprile 15, 2024

Grazie per avermi invitata oggi a partecipare a questa bella cerimonia.
Presidente Prodi, caro Romano, grazie della fiducia.

So bene che siamo riuniti oggi per celebrare un cittadino di Bologna, un Italiano con un percorso eccezionale ma, per quanto mi riguarda, è soprattutto a Bruxelles che ho visto Romano Prodi all’opera quando presiedeva la Commissione Europea ; è la ragione per cui vorrei sottolineare l’aspetto europeo del suo percorso, e insistere su 3 punti :

  • prima di tutto vorrei ricordare un aspetto cruciale della personalità di Romano Prodi : la sua apertura al mondo, la sua visione globale delle sfide che l’Europa deve affrontare.
  • con questa visione ampia, si capisce meglio il senso profondo della “cultura europeista” di Romano Prodi che avete menzionata nella motivazione ;
  • E si misura l’importanza di una “cultura delle istituzioni fondata sulla attiva partecipazione democratica”, particolarmente essenziale in materia d’Europa.

Incominciamo con l’apertura al mondo, una visione globale delle sfide che l’Europa deve affrontare.
Romano Prodi guarda lontano.
Non ha mai considerato che basta seguire quello che succede negli stati Uniti o nei paesi del G 7 per governare bene, per capire il mondo.
Ha una conoscenza approfondita della Cina, dove ha insegnato, come dell’Africa dove ha presieduto un gruppo di lavoro dell’ONU sul peacekeeping è stato special inviato delle Nazioni Unite. Ha riflettuto anche tanto sulla Russia. Nelle nostre conversazioni ho sempre imparato tanto da lui, come tutti i lettori dalle sue interviste.

Oggi, nel mondo frammentato del dopo COVID, della guerra in Ucraina, della guerra in Palestina, guardare aldilà dei nostri confini, verso Sud, sembra una cosa evidente. Non era cosi evidente 25 anni fa quando presiedeva la Commissione europea. E pero era già la sua visione.
Non so quanti commentatori dicono ancora che siamo stati “ingenui”.
Non mi ricordo mai Romano Prodi ingenuo ; al contrario, la sua visione era ampia e lungimirante.
Era basata sul senso dell’interdipendenza, della coscienza del peso relativo dei nostri paesi nel mondo, di una coscienza strategica molto coerente.

Mi ricordo ancora le nostre conversazioni, nella preparazione dei suoi discorsi per esempio, a Bruges, all’apertura della Convenzione nel 2002 : era preoccupato perché la storia ci insegna il prezzo pagato dalle città italiane – potenti nel Medioevo – incapaci di unirsi e condannate per questo motivo al declino nei secoli successivi. Ci ha insegnato l’importanza di capire i cambiamenti del mondo, nella globalizzazione per non fare come la Repubblica di Venezia, vittima della concorrenza marittima delle navi portoghesi.

L’impegno eccezionale di Romano Prodi per l’Europa non si può misurare senza capire la sua coscienza delle sfide globali. In questa prospettiva, la costruzione europea non è vista solo come una fonte di benefici dovuti alla libera circolazione delle persone e delle merci, o come il quadro di stabilità e di pace tra i paesi membri, ma come il modo di difendere i nostri valori e i nostri interessi al livello mondiale.

Per dire la verità, era esattamente la visione dei padri fondatori, Monnet, de Gasperi, Spaak costretti a limitarsi ad una cooperazione economica (carbone e acciaio, mercato comune) ma convinti – dopo la Shoah e la seconda guerra mondiale – che la Comunità europea aveva una visione della persona umana da difendere, di fronte alla visione totalitaria della URSS.

Oggi dobbiamo affrontare una situazione mondiale molto pericolosa, molto tesa : la transizione climatica e ambientale rappresenta una forma di guerra invisibile, sottile ai nostri sistemi economici e ai nostri modi di vita.
Dal 2014 (Crimea) e ancora di più dal 2022, l’uso della forza contro il diritto prima e la guerra convenzionale dopo sono tornate in Europa ; la situazione in Medio Oriente è terribilmente peggiorata ; l’Africa può diventare sia un continente pieno di opportunità o una fonte di problema umani, sanitari, ambientali non controllata.
E non parlo del legame con gli Stati Uniti, essenziale, ma fragile se l’isolazionismo si trasformasse con Trump in ostilità.
Nel 2017 Trump nel suo primo viaggio al consiglio della NATO a Bruxelles ha messo in dubbio la perennità dell’alleanza. Ero presente, me lo ricordo come se fosse ieri. Agghiacciante.

Con la sua conoscenza della Cina e del mondo, Romano Prodi ha sempre sviluppato idee lucide e forti a favore di nuove tappe nell’integrazione, soprattutto in materia di politica estera e di difesa. L’attualità ci fa intravedere la tragica inesistenza dell’UE che Romano Prodi ha sempre cercato di colmare : nel conflitto a Gaza, siamo incapaci di produrre una linea comune, equilibrata.

Nella sua azione alla Commissione, quando ha portato avanti l’allargamento del 2004/07, post caduta del muro di Berlino, ha sempre insistito sulla dimensione strategica dell’opera.

  • Secondo me ha saputo evitare due errori frequenti oggi:
    pretendere che l’allargamento si può fare senza una riforma approfondita delle istituzioni, senza una condivisione di sovranità (all ‘epoca con la dichiarazione di Laeken e la Convenzione di cui Giuliano Amato era vice presidente acanto a Valéry Giscard d’Estaing, abbiamo davvero provato ad avere un parallelismo tra allargamento e approfondimento);
  • non ha trascurato il Sud perché guardava all’Est.

Adesso se tutta la macchina di Bruxelles venisse ad essere utilizzata sul fronte russo, a proteggere l’Ucraina, la Georgia, la Moldavia, ad integrare i paesi balcanici, corriamo il rischio di dimenticare l’Africa e il Maghreb.
L’obiettivo di aiutare popoli martiri è giusto ma senza un piano complessivo, una riflessione più ampia sui costi, sulle politiche, sul veto, rimarrà un bel sogno.
E non parlo neanche del sostegno dei cittadini. Come fare vivere quest’Unione con 35, 36 paesi con la Turchia? Nessuno lo dice.

Sfortunatamente, il senso di appartenenza all’Europa non è curato in un modo sistematico nelle nuove generazioni. Per questo, Romano Prodi rimane un modello di “cultura europeista” da perpetuare.

Non è facile definire in poche parole che cos’è “lo spirito europeo” ma secondo me tocca soprattutto alla visione dell’interesse nazionale.

Dopo la prima guerra mondiale abbiamo avuto l’illusione che la pace potrebbe nascere dell’umiliazione del già nemico, dell’indebolire la Germania (con dei debiti di guerra enormi). Ci ha portato di nuovo alla guerra.
Dopo la seconda guerra mondiale, i padri fondatori della Comunità hanno fatto il ragionamento della prosperità condivisa, e abbiamo goduto decenni di pace e di sviluppo. Il cosiddetto “miracolo” è stato un misto di lavoro dei nostri nonni, ma anche di questa scelta rivoluzionaria : no alla vendetta, no al nazionalismo.

Il fantastico valore aggiunto della costruzione europea è di non opporre il benessere di un popolo al benessere degli altri, ma al contrario di costruire una prosperità condivisa sulla cooperazione che porta vantaggi superiori per tutti.

Nella vita di Romano Prodi , nel suo impegno pubblico a favore della ” res pubblica ” mi ha sempre colpito la continuità nella responsabilità per il bene comune. Non ha opposto gli interessi dell’Italia e quelli dell’Europa. Al tempo di Romano Prodi a Palazzo Chigi, nessuno avrebbe pensato ad andare a Bruxelles a ” battere i pugni sul tavolo” .

Al contrario, l’obiettivo era di dare un contributo positivo, di essere protagonista : ognuno si ricorda il ruolo di Romano Prodi per l’ingresso dell’Italia nella la moneta unica negli anni 90.
Il governo Prodi con Ciampi ministro del Tesoro fu quello che fece rientrare la lira nello SME (24 novembre 1996) e, aggiustando il deficit nel 1997, aprì la strada all’adesione del Paese alla moneta unica.

In questa prospettiva, fare parte della “Comunità europea” era visto come un misto di opportunità per il proprio paese – certamente – e di impegni verso gli altri Europei o verso le istituzioni, un “pacchetto” di diritti e di doveri.

Ci sono certamente delle divergenze tra i paesi membri dell’UE. Il negoziato a Bruxelles, al consiglio come al Parlamento o all’interno della Commissione non è per niente facile ma l’atteggiamento cooperativo, il rispetto dei partner, il riconoscimento di certe debolezze nazionali sono indispensabili per fare vivere l’Europa.

Attualmente osserviamo il ritorno del nazionalismo, quel nazionalismo cieco che ci ha portato la guerra, il nazionalismo che Il manifesto di Ventotene di Spinelli denunciava con eloquenza.

Questo nazionalismo si sviluppa in tutta l’Europa (in Francia col Rassemblement national, in Germania con l’AFD) e aldilà nel mondo, dagli Stati uniti all’India o alla Cina.

I partiti nazionalisti rubano il patriottismo per dare la colpa ad altri, per trovare capri espiatori, per fare intravedere soluzioni semplici e gratuite a problemi complessi.

Come diceva il grande scrittore Romain Gary (di origine russa) : “le patriotisme c’est l’amour des siens, le nationalisme c’est la haine des autres. ”

Il ritorno del nazionalismo, di quello che Tommaso Padoa-Schioppa chiamava “la veduta corta” è pericolosissima, sia nella versione apertamente nazionalista di certi partiti, sia nel modo in cui tolleriamo sempre di più un tono di odio, l’aggressività dei social, la mancanza di rigore dei talk shows e il ruolo del consiglio europeo, per niente comunitario dove ogni capo di stato e di governo pensa soprattutto alla sua conferenza stampa. Come mai potrebbe funzionare un organo facendo un lavoro comune ma dove ogni membro racconta dopo la sua storia di vittoria sugli altri?

Nella vostra motivazione, avete a ragione sottolineato “il contributo accademico” di Romano Prodi. Come il professore che è sempre rimasto, e me lo ricordo dal nostro tempo a Bruxelles, ha saputo dare la priorità ad analisi rigorosi basata su fatti e numeri (“facts and figures” direbbero gli inglesi). Ha sempre guardato alla realtà : demografia, interdipendenza delle catene di valori, numeri del debito. Trovare delle soluzioni richiede di studiare e di lavorare prima di dare la colpa ad “altri” : il “nord”, i migranti, ecc.

Per combinare l’interesse nazionale e l’interesse europeo, c’è certo un equilibrio da trovare. Nei primi tempi della costruzione europea, c’era per esempio l’idea che i fondi che aiutavano le regioni più indietro a svilupparsi, potevano dare lavoro alle aziende dei paesi contributori.

C’è anche la necessità di conoscere la storia e i suoi paradossi : spesso l’euro è visto in Italia o in Francia come uno strumento della dominazione tedesca. La verità storica è che la Germania non voleva la moneta unica. Ed è anche vero che da quando è stato creato l’euro, malgrado le critiche del “Nord” al “Sud”, l’export tedesco ha avuto il grande beneficio di una moneta sottovalutato … a causa dei partner criticati.

Per essere proficua la “convivenza” nell’UE richiede trasparenza e un dibattito democratico o, come avete scritto nella motivazione del premio, una “cultura delle istituzioni fondata sulla attiva partecipazione democratica”.

Che cos’è l’Unione europea? Spesso si dice che l’Unione europea “fabbrica troppe norme”, “che è una burocrazia, un danno per l’attività economica” ecc.

Certamente le regole devono essere ben calibrate, ma “the rule of law” fa parte dei successi più grandi, e più fragili, dell’UE. L’UE è uno spazio di diritti.

Lo vediamo all’interno dell’UE, nei rapporti tra stati, tra impresi, nella difesa dei diritti dei cittadini. Senza la Corte di Giustizia l’Unione europea come la conosciamo non esisterebbe. Quando è stata esclusa del gioco come per il controllo del rispetto del patto di stabilità (secondo il trattato FUE articolo 126.10), il risultato non è brillante : un controllo mutuo politicizzato e politicizzato, inesistente.

E ancora più chiaro quando guardiamo fuori dell’Europa.

Dobbiamo sempre ricordarci che una grande parte dell’umanità vive in una zona senza diritti, senza stampa indipendente, senza democrazia né giustizia.
Inoltre la mancanza d’istituzioni globali, democratici per lottare contro il cambiamento climatico mette in pericolo il destino di tanti paesi del Sud : piccole isole minacciate dell’acqua alta ; zone di siccità ecc.
E quando istituzioni multilaterali esistono, l’assenza di meccanismi vincolanti (di “enforcement”) riduce la capacità ad agire in un modo collettivo : l’ONU non riesce a garantire la pace (a causa dei veti incrociati), il WTO non riesce a giocare il ruolo di arbitro del commercio globale (panels bloccati).

Dal punto di vista del rule of law, l’UE è un paradiso e non ce ne accorgiamo più. “We should not take a democratic Europe for granted”, come si dice in inglese.

Fra poco andremo a votare per le elezioni al PE – e qui vorrei anche rendere omaggio al Presidente Sassoli, anche lui uomo di convinzione, Presidente del parlamento europeo all’inizio di questa legislatura, durante il COVID e la crisi sanitaria.

Non sono sicura che questa campagna sia all’altezza della Sua visione, della visione di Romano Prodi.
Stiamo vivendo una campagna noiosa, povera di contenuti, che in realtà consiste in 27 campagne separate. La politica nazionale è al centro del dibattito. Certi candidati non hanno nessuna intenzione di andare a Bruxelles a fare il lavoro di deputato.

Chi, come Romano Prodi, ha fatto vivere le istituzioni in un modo pacato, rispettoso, ha fatto del bene alla nostra Europa. Merita il nostro rispetto e può essere una fonte di ispirazione per il futuro.

Prima di concludere vorrei aggiungere una nota più personale.

Vorrei rendere omaggio ad una persona che non è fisicamente con noi stamani, ma è presente nel nostro cuore, e certamente nel cuore di Romano : Flavia, sua moglie, la sua compagna di una vita che ho avuto il privilegio di incontrare alcune volte ed di apprezzare. Fra tutte le cose che Romano Prodi ci ha dato, c’è anche quest’esempio di una coppia unita, felice, sorridente e anche capace di un poco di auto derisione.
Quando ho scritto il mio intervento, ho pensato al sorriso di Flavia, al suo humour.
Mi avrebbe sconsigliato di fare un discorso pesante, troppo agiografico.
Dunque aggiungo un aneddoto.

Una sera del dicembre 2001, eravamo nell’ufficio del Presidente della Commissione europeo Romano Prodi, al Breydel. Guardavamo le monete prima della loro introduzione il primo di Gennaio del 2002. E il nostro caro Presidente, certamente non nazionalista, certamente europeista, guardando le monete, ci ha detto che … le più belle erano quelle…italiane. Non aveva torto : con l’aiuto di Leonardo da Vinci, l’Italia ci ha regalato a tutti una splendida moneta di 1 euro quando altri mettevano il viso di un re certamente meno sexy.

Questo per ricordare che non c’è nessuno rischio anche per chi è europeista di non essere se stesso, il figlio di una terra, di un paese, di una cultura.
Francamente, non so di che cosa hanno paura i nazionalisti, ne perché parlano cosi tanto di bandiera e di patria.
Non dobbiamo avere paura di fare un Europa più unita, come Romano Prodi ci ha sempre invitato a fare.
La nostra identità non è in pericolo. Ed è meglio riderne un po’. Grazie a tutti.

 

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aprile 15, 2024
Interventi

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