La dignità dell’Africa, i doveri del Mondo
La dignità dell’Africa, i doveri del Mondo
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 30 Maggio 2010
Nel 1960, ventitré Paesi africani raggiunsero la propria indipendenza. A cinquant’anni di distanza le celebrazioni di quegli avvenimenti costituiscono non solo un’occasione di festa, ma anche un momento di riflessione sui risultati positivi e sulle mancanze storiche di questo grande evento. Debbo tuttavia constatare che, nonostante i forti legami e le tante espressioni retoriche, l’Italia è quasi assente da questa riflessione collettiva, mentre assai forte è l’attenzione dei governi e dei media degli altri Paesi europei. Eppure nessuno può esimersi dal riflettere sulle ragioni del mancato sviluppo politico, economico ed umano dell’Africa.
Queste responsabilità sono da suddividere in modo equo tra le leadership locali e quelle dei Paesi industrializzati, che troppo spesso hanno agito seguendo interessi egoistici e di breve periodo. Anche se è giusto ricordare che, nell’ultimo decennio, sono stati creati meccanismi di collaborazione fra Nazioni Unite e Unione Africana che hanno portato a risultati di notevole importanza, contribuendo alla diminuzione dei conflitti armati e perfino ad una sostenuta crescita economica in alcune aree (anche se ancora molto poche) della realtà africana, è tuttavia ormai chiaro che solo superando la presente frammentazione politica ed economica, si potrà ottenere maggiore pace, sviluppo e prosperità.
La frammentazione del continente in oltre cinquanta Paesi non permette infatti alcuna prospettiva di sviluppo economico e di solidità politica. Da soli questi Paesi non hanno né la forza né le dimensioni per modernizzare l’agricoltura, per fare crescere l’industria perché troppo piccoli per costruire un mercato interno. Le loro debolezze e la loro frammentazione rende inoltre impossibile una moderna organizzazione statuale e un’effettiva democrazia. Il grande contributo che possiamo dare all’Africa è perciò quello di aiutare la sua integrazione politica ed economica.
Questo significa rovesciare la tradizione europea, che ha sempre preferito il rapporto diretto e bilaterale con i singoli Paesi, con una specie di continuità con i vecchi costumi di tipo coloniale. Un’operazione ancora più necessaria di fronte alla politica cinese in Africa, l’unica politica che, sgombra di retaggi storici, si realizza con una strategia a livello veramente continentale e con una dimensione fino ad ora ignota. È infatti la prima volta nella storia dell’umanità che un Paese esporta contemporaneamente capitali, uomini e tecnologie.
Di fronte a questa nuova realtà sarebbe disastroso continuare il vecchio gioco di dividere fra di loro i Paesi africani e trasferire in essi i propri conflitti e le proprie aree di influenza come avveniva tra Paesi europei al tempo del colonialismo e tra Unione Sovietica e Stati Uniti al tempo della guerra fredda. L’Africa ha bisogno della cooperazione di tutti e di unità al suo interno. Qualche sostanzioso progresso è stato ottenuto con la già citata collaborazione fra Unione Africana e Nazioni Unite che, pur tra mille limiti e difficoltà, ha contribuito alla stabilizzazione di diverse regioni africane.
Questo però non basta. Che non basti emerge dall’analisi dei conflitti tuttora in corso ed è emerso ancora più chiaramente ed in modo unanime nel recente convegno tenuto a Bologna con il titolo “Africa: 53 Paesi, un Solo Continente.” In esso si è fatta strada la proposta che l’Unione Africana, l’Unione Europea, insieme agli Stati Uniti e alla Cina, si diano appuntamento per studiare le prospettive di un autentico orientamento comune nei confronti dell’Africa, superando gli approcci bilaterali che ne hanno così negativamente influenzato lo sviluppo. Questa è una condizione necessaria ma non certo sufficiente perché l’Africa inizi il proprio cammino verso la modernità. A tale azione si deve ovviamente affiancare il rinnovamento interno dei governi e dei sistemi politici dei diversi Paesi africani, troppe volte paralizzati da nepotismo, corruzione e abusi.
Questo è tuttavia davvero un altro capitolo. Da parte nostra dobbiamo lavorare per costruire un nuovo processo di cooperazione tra i grandi protagonisti dell’economia e della politica mondiale nei confronti dell’Africa. Un lavoro difficile ma non impossibile perché è nell’interesse di tutti.