L’Europa divisa non conta nulla. Folle un intervento militare in Libia

Migrazioni, interessi nazionalistici, conflitti: intervista a Romano Prodi
“Divisa e senz’anima L’Europa è a rischio”
Se si blocca Schengen crolla un pilastro dell’Unione. La leadership tedesca e l’idea di procedere a due velocità. I gasdotti della discordia. L’azione militare in Libia sarebbe folle. Il ministro del Tesoro unico? Divisi non  contiamo nulla.

Intervista di Mimmo Sacco a Romano Prodi su Contromano n.18 del 2016

Professore, l’Europa sta attraversando la crisi più acuta dalla sua Costruzione trent’anni fa. Sei Paesi (tra questi la Germania) hanno chiesto, in sostanza, (se non si riesce a mettere presto sotto controllo i flussi migratori) di chiudere le frontiere per due anni, congelando così il Trattato di Schengen, pilastro e simbolo dell’Unione. È la sopravvivenza dell’Ue che è a rischio, come molti ritengono?

È a rischio certamente: se venisse sospeso Schengen per lungo   tempo e in modo generale e diffuso crollerebbe uno dei pilastri dell’Unione Europea. Su questo non vi è dubbio! Finora le grande controversie sono state solo in campo economico e monetario ma adesso siamo entrati in una fase in cui a queste si aggiungono, e sottolineo aggiungono, controversie che toccano addirittura la circolazione delle persone. Quindi evidentemente non solo non si allarga la competenza dell’Unione  Europea verso nuovi campi, come tutti ci auguravamo, come tutti gli europeisti si auguravano, ma si arretra su campi che erano finora totalmente condivisi e che sono una componente fondamentale del nostro “stare insieme”.

Con la sospensione dell’area Schengen non viene anche messo in forse il futuro della moneta unica, l’Euro, un successo per l’Italia conseguito con la sua azione politica coordinata con Ciampi?

Sono due capitoli diversi. È vero che, alla fine, quando viene attaccata la libera circolazione della persona viene attaccato anche l’Euro. Nell’area Schengen però partecipano Paesi appartenenti all’Euro e anche Paesi non appartenenti alla moneta unica: i due aspetti non coincidono ma certamente assistiamo ad un riflusso che va nella stessa direzione e che quindi fa arretrare il progetto europeo.

Intanto la Germania, mentre parla di Unione attribuendosi, di fatto, un ruolo di leadership, non trascura certo i suoi interessi nazionali. Mi riferisco agli accordi bilaterali sul gas con la Russia. Condivide?

Purtroppo il riflusso porta quasi tutti i Paesi europei ad accentuare gli interessi nazionali rispetto agli interessi collettivi. Nel caso della Germania questo problema è più serio perché la Germania è ormai non ‘un’, ma ‘il’ Paese leader dell’Unione Europea. Avendo questa indiscussa  leadership deve anche automaticamente rendersi conto degli interessi e dei problemi degli altri membri dell’Unione. Le faccio un esempio: alla fine dell’ultima Guerra, gli Stati Uniti si son trovati in una posizione dominante nella politica e nell’economia occidentale. Hanno fatto il Piano Marshall non perché ne fossero obbligati o per “carità cristiana”. Lo hanno fatto perché sapevano benissimo che se volevano costruire un’alleanza stabile e di lungo periodo dovevano avere degli alleati forti e con una grande capacità di sviluppo. La Germania quindi deve rendersi conto di questi problemi e comportarsi di conseguenza.

Il caso del gasdotto ha, in aggiunta, una sua gravità particolare perché in esso vi è un segno di contraddizione. Abbiamo cioè la Germania che è il Paese che ha creato e guidato le sanzioni nei confronti della Russia e che non solo mostra grande durezza e rigore verso l’atteggiamento della Russia per quanto riguarda l’Ucraina, ma che è quotidianamente critico della politica russa in ogni campo. Mentre ribadisce e inasprisce le sanzioni con la Russia, la Germania stringe un grandissimo accordo commerciale con la Russia stessa. Questa è una grande contraddizione. In secondo luogo, la Germania diventa il distributore di una parte preponderante dell’energia agli altri Paesi europei. Il che la porta ad accentuare fortemente la sua posizione dominante. Da parte italiana bisogna aggiungere che questa decisione rende vana ogni possibilità di fare dell’Italia un nodo fondamentale della rete di rifornimento energetico europeo.

Anche se, a questo esito disastroso, stiamo dando un bel contributo anche noi italiani, ponendo un incomprensibile veto all’arrivo del gasdotto TAP sulle coste pugliesi.

Va registrato, intanto, che il Ministro delle Finanze tedesco, Schäuble, si affretta a rilanciare la vecchia idea dell’Europa a due velocità. La sua tesi è che questo tipo di Europa esiste già. È così?

Se per due velocità intendiamo zona Euro e zona non Euro, questo esiste già, non c’è dubbio. La Gran Bretagna non aderisce all’Euro e non aderisce a Schengen; abbiamo cioè già due velocità. Il recente vertice europeo ha ufficialmente sancito che esiste già un’Europa a due velocità, qualsiasi sia il risultato del referendum britannico.

Scusi, Professore se la interrompo. Mi pare si riferisca piuttosto ad un ristretto nucleo: Germania, Francia e Benelux.

Sarebbe in sostanza un ristretto nucleo forte attorno alla Germania. Ovviamente non mancherebbe la Francia, anche se Parigi ha molti elementi di debolezza. E poi ci sarebbe, invece, un’ Europa più lenta, visto che introduciamo il concetto velocità. In quest’Europa lenta e periferica sarebbe probabilmente inserita anche l’Italia. In quest’ipotesi si sancirebbe una differenza inaccettabile: sarebbe la fine dell’Unione Europea.

Attenti osservatori politici e prestigiosi giornali esteri, ritengono che il destino dell’Europa si gioca nel Mare Egeo. Ma con le frontiere chiuse, Grecia e anche Italia, non rischiano il collasso migratorio?

Certo. L’Europa, nel suo insieme, dovrebbe difendere, proteggere, attuare una protezione ordinata delle frontiere esterne. Perché invece si lascia tutto il peso su alcuni Paesi? Perché questi sono confinanti con il mare, perché sono Paesi le cui sponde, i confini, sono la meta di centinaia di migliaia di migranti. Se questo avviene diventa assolutamente impossibile qualsiasi ipotesi di solidarietà europea. Per questo motivo le migrazioni sono al centro di ogni dibattito politico in tutti i paesi, Germania compresa.

C’è intanto da sottolineare con amarezza il duro colpo inferto al modello scandinavo, noto per la sua civiltà e lo spirito di accoglienza. La Danimarca ha deciso di confiscare i beni ai rifugiati oltre i 1300 Euro. Non è da considerare un gesto clamorosa di intolleranza e di meschino egoismo?

Questo è ovvio, ma a me sembra anche un gesto poco astuto perché voglio vedere chi si lascia trovare con i gioielli nella borsetta! Trovo questa proposta frutto di intolleranza e, nello stesso tempo, ingenua. Per non dire peggio.

L’Europa tende ad arroccarsi con il ritorno dei nazionalismi l’avanzata dei populismi. Ma questo non porta, fatalmente, alla marginalizzazione e, quindi, alla insignificanza del nostro Continente sullo scenario mondiale, mentre unito potrebbe giocare ancora un ruolo di primo piano?

Qui non è un problema di populismi o di egoismi nazionali. Il problema è, a mio parere, di una semplicità estrema: divisi come siamo non contiamo nulla. Nessuna ci prende più sul serio. Nella mia esperienza personale, quando ho cominciato a insegnare in Cina, sei anni fa, tutti mi chiedevano seminari sull’Europa. Nel mio ultimo anno di insegnamento questo argomento non importava più a nessuno. E d’altra parte, quale può essere il pensiero di un indiano nei confronti dell’Europa visto che l’indiano guarda all’Europa con la lente britannica, quando siamo alla vigilia di un referendum del Paese suo referente – cioè la Gran Bretagna – che continua a dire: “forse resto, forse esco”.

Professore, Lei conosce molto bene l’Unione. In passato ha avuto un ruolo guida, come Presidente della Commissione Europea, molto apprezzato. Quali misure concrete ed urgenti si dovrebbero prendere per far fronte al processo di disgregazione dell’Ue, rivitalizzandone, invece, lo spirito?

Difficile rispondere: forse vale tutto quello che ci siam detti prima. Dobbiamo fare un salto in avanti e ad esempio approfondire la proposta del Ministro del Tesoro europeo unico, renderla concreta in modo che vi si riconoscano tutti i Paesi europei e non solo alcuni. Di proposte ne potremo scrivere tante ma il vero dramma è che l’Europa non ha più un’anima sola. Prevalgono in modo dominante le anime nazionali. Se si continua in questa direzione nessun buon provvedimento può salvarci.

Professore, questo punto è di estrema attualità. Un Ministro del Tesoro unico europeo: Lei la vede come una cosa positiva, una strada da percorrere?

Come faccio a pensare che non sia positiva, però come faccio a non pensare che il vero problema è come viene nominato, quale Ministro del Tesoro, quale livello di responsabilità nei confronti di tutti i membri dell’Unione, quale rappresentatività potrà avere. Questi sono i veri problemi!.

libyansInfine, l’Europa,  per la sua collocazione geopolitica, è interessata alla complessa situazione del Mediterraneo. Guardiamo alla Libia che lei conosce bene. Aveva offerto la sua competenza ma non ha trovato interlocutori. Intanto nel drammatico caos esistente l’Islamic State avanza anche sui pozzi petroliferi. Si pensa ad una opzione militare. Ma non può essere una rischiosa avventura?

Non è rischiosa, è folle. È più che rischiosa, perché prima di tutto un’azione militare ci porrebbe come assoluto nemico della Libia e del mondo islamico e unirebbe contro di noi le varie fazioni libiche.

Contro di noi italiani o contro di noi europei?

Contro chi ci va. Sarebbe anche sbagliato, perché una guerra di questo tipo richiede un impegno militare poderoso che dovrebbe avvicinarsi ai duecentomila soldati. L’esperienza dovrebbe poi insegnarci che spesso, anche con un esercito poderoso, la guerra non è stata vinta. Quando si fa una guerra  in casa altrui, contro la volontà degli abitanti di quel Paese, si creano nemici ovunque.

Grazie Professore per queste sue parole, piene di equilibrio e di saggezza politica.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
marzo 16, 2016
Interviste